L’o.d.g è il seguente:
1. assemblea ordinaria annuale
– relazione del Presidente uscente
– relazione del tesoriere, votazione del rendiconto economico 2008 e del bilancio preventivo 2009
– rinnovo delle cariche sociali
– ammissione di nuovi soci
2. presentazioni bibliografiche
La riunione si apre alle ore 15,45 sotto la guida del socio Mario Poppi, unanimemente incaricato di presiedere l’assemblea. La relazione del presidente uscente Donato Gallo, riassumendo il biennio appena trascorso, traccia il bilancio dell’attività svolta dalla Societas e della sua visibilità esterna ed indica le linee di lavoro già individuate per il prossimo futuro.
Subito dopo il tesoriere Giannino Carraro illustra la situazione finanziaria e patrimoniale. Il rendiconto economico al 31 dicembre 2008 viene approvato dai votanti all’unanimità e così il bilancio preventivo 2009.
L’assemblea prosegue con la votazione per il rinnovo delle cariche sociali. Il Consiglio Direttivo sulla base delle preferenze valide espresse, come già comunicato a tutti l’e-mail dell’8 marzo u.s. risulta così composto: Bortolami, Carraro, Faggiotto, Ferraro, Frison Segafredo, Gallo, Granello, Marcon, Piovan, Romanato, Saggin, Servadei, Trolese. A questi vanno aggiunti, in qualità di membri cooptati, i soci Picariello e Pagnoni, in seguito alle decisioni prese dal Consiglio Direttivo durante la sua prima riunione nella quale sono state anche decise le cariche sociali che risultano le seguenti:
Presidente: Donato Gallo
Vicepresidente: don Francesco Trolese
Tesoriere: Giannino Carraro
Segretaria: Cristina Marcon
Si passa quindi alla presentazione dei nuovi soci: Flavia Militello e Filiberto Agostini che sono accolti con voto unanime.
L’incontro prosegue con le presentazioni bibliografiche, preceduta dall’acclamazione a Presidente Onorario della Societas di Franco A. Dal Pino che già lo scorso anno era stato nominato Socio onorario.
Molte ed interessanti novità bibliografiche sono presentate da Bortolami, Dal Pino, Gallo, Romanato, Trebbi, Trolese. Di seguito si riportano le citazioni di alcune delle più recenti:
Alla data della spedizione di questo resoconto la notizia sarà ormai arrivata a tutti, ma desideriamo ugualmente rammentare che il nostro socio e attuale vicepresidente, sempre generoso ospite ed amico, don Francesco Trolese è stato eletto Abate di Santa Giustina.
La Societas tutta se ne rallegra vivissimamente e formula gli auguri più sinceri per il suo nuovo impegno monastico già assunto ufficialmente. La liturgia della solenne benedizione abbaziale avrà luogo domenica 3 maggio alle ore 11, nella Basilica di Santa Giustina. Tutti sono invitati a partecipare.
Padova, 24 aprile 2009
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
La riunione non poteva che aprirsi con un caloroso applauso al nuovo abate di Santa Giustina don Francesco Trolese che, socio fin dalle inizi della Societas ed attuale vicepresidente, ha sempre sostenuto e incoraggiato in molti modi la nostra associazione. Dal canto suo don Francesco conferma e assicura la continuità della disponibilità dell’Abbazia verso la Societas che considera, nella tradizione di ospitalità e di studio benedettina, un momento significativo di contatto e di dialogo con il mondo della cultura e della ricerca, tanto più importante in un periodo di scarsa attenzione della società civile per una adeguata e non strumentale conoscenza della storia.
Dopo la consueta presentazione di recentissime novità librarie e di futuri appuntamenti, il presidente Donato Gallo introduce il relatore. Padre Alessandro Cortesi, domenicano della provincia romano-toscana di santa Caterina da Siena, è un po’ un amico ritrovato, dal momento che nel 1982-83, laureando in lettere a Padova, fu presente per qualche tempo alle prime iniziative della nascente Societas di Paolo Sambin. Dopo una non comune formazione universitaria e teologica e il dottorato in teologia patristica presso l’Augustinianum di Roma, egli ha insegnato patrologia e storia della teologia presso la LUMSA, la Pontificia Università Gregoriana e la Pontificia Università san Tommaso, ed è ora docente di teologia fondamentale nella Facoltà teologica dell’Italia centrale, direttore del Centro Espaces “Giorgio la Pira”, oltre che attuale priore del convento di San Domenico in Pistoia, dove vive ed è impegnato nell’attività pastorale.
L’argomento che P. Cortesi ha accettato di presentarci è stato oggetto di una sua recente pubblicazione: Marie-Dominique Chenu. Un percorso teologico, Firenze, Nerbini, 2007, ma con la sua relazione egli ha voluto offrire un distillato dell’esperienza umana, culturale e teologica del grande domenicano francese (1895-1990) e proporre spunti di riflessione sull’eredità del suo insegnamento, partendo dal riconoscimento che vi è una profonda unità nella vasta opera realizzata dal grande storico del pensiero medievale.
Padre Chenu elaborò, a partire dagli anni ‘30 del Novecento all’interno del convento-collegio di Le Saulchoir, una teologia imprescindibile dal divenire nel tempo, dalle vicende umane, dai ‘segni dei tempi’, ribadendo la fedeltà ad una impostazione che era stata quella di san Tommaso d’Aquino, letto nella viva esperienza storica e non irrigidito nelle secche del cosiddetto neotomismo otto e novecentesco.
Marie-Dominique Chenu fu nel contempo teologo, storico, abile ricercatore, – importanti i suoi studi sulla teologia come scienza nel XII e nel XIII secolo e le sue ricerche su san Tommaso – paleografo e lessicografo, ma soprattutto – e per questo più volte condannato dalla gerarchia ecclesiastica o almeno preso a sospetto da una certa teologia tradizionale e curialista – visse impegnato nei dibattiti del proprio tempo avvicinandosi ai grandi temi sociali ed elaborando una pastorale e una teologia del lavoro e delle realtà terrene. Innervatore del dialogo degli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, fu presente al Vaticano II e seguì con attenzione la fase successiva che certamente non fu segnata da una completa assimilazione degli orientamenti conclusivi del Concilio.
La relazione, assai impegnata, ha suscitato varie domande e interventi ai quali il relatore ha volentieri replicato.
Padova, 24 maggio 2009
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
L’incontro di giugno si è aperto con qualche ritardo a causa di un violentissimo fortunale che ha sorpreso i soci lungo l’itinerario. Malgrado il contrattempo, alle 16,00 è iniziata la visita di Bassano del Grappa. I soci e gli amici che hanno partecipato hanno potuto godere della competentissima e appassionata guida del prof. Giamberto Petoello che, con grande disponibilità e simpatia, ci ha illustrato la città medievale e le successive cerchie di mura. Il percorso è iniziato dalla porta sud del complesso di cinta inferiore inaugurata, nella sua forma attuale, nel 1541 dal podestà Domenico Diedo da cui prende il nome. Porta Dieda, recentemente restaurata, presenta un interessante palinsesto di affreschi con stemmi e figure (purtroppo non si sono conservati gli affreschi cinquecenteshi di Jacopo Bassano) che testimoniano i successivi eventi storici, dalla signoria carrarese al periodo visconteo, sino al passaggio nel 1405 alla repubblica Veneta. Una sorta di manifesto pubblicitario e un incombente mezzo di “comunicazione di massa” destinato, attraverso una complessa simbologia, a informare e ammonire i cittadini, così come ci è stata presentata dalla nostra guida.
Di seguito una breve occhiata alla bella chiesa di San Francesco ha preceduto la visita al Museo Civico, ospitato nell’ex-convento francescano. Insieme all’Archivio-Biblioteca, fa parte di quel complesso di impianto ottocentesco che pone Bassano – tra le città non capoluogo di provincia – in una posizione di particolare intelligenza nella cura e conservazione delle proprie memorie storiche e artistiche. La ricchezza delle collezioni museali ci ha obbligato ad una visita parziale, dedicata in special modo alle opere di Iacopo Da Ponte, detto il Bassano, e della sua ricca scuola; c’è stato comunque il tempo per vedere, seppure rapidamente, gli ottimi esemplari di arte medievale (Guariento), settecentesca (Magnasco, Tiepolo, Longhi, Guardi) nonché la sezione canoviana, altra gemma del Museo.
Si è invece dovuto rinunciare alla prevista visita al Castello superiore, inaccessibile perché completamente adibito a residenze private e ad un rapido passaggio in Santa Maria in Colle, antica chiesa pievana non aperta negli orari coincidenti. Si è optato perciò per una visione d’insieme della struttura difensiva della città che si può godere e comprendere dalla sponda occidentale del Brenta, oltre il famoso ponte coperto progettato dal Palladio. Ancora, sempre sotto la guida del prof. Petoello, uno sguardo a San Donato, sulla riva destra del fiume “in capo al ponte”, ha concluso la visita. La piccola chiesa, costruita nel 1208 per volere di Ezzelino il Monaco nell’antico borgo di Angarano, fu la prima sede dei Frati Minori già verso il 1225-1227 con la presenza anche di fra Antonio da Lisbona, poi noto come sant’Antonio di Padova.
A conclusione dell’incontro la consueta e gradevolissima cena si è tenuta a Marostica presso il ristorante collocato in quel che resta del castello superiore (scaligero) della celebre cittadina murata, in una posizione panoramica suggestiva che offre alla visuale l’intero arco della pianura veneta del centro-est, dal Montello ai Colli Euganei fino a Vicenza con, in evidenza, il corso del Brenta e una miriade di campanili (e capannoni).
Padova, 19 settembre 2009
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo– Presidente
Nella primavera di quest’anno sono apparsi a stampa, per i tipi di Viella, gli atti del convegno di studio: Giustina e le altre. Sante e culti femminili in Italia settentrionale dalla prima età cristiana al secolo XII, che si svolse cinque anni fa a Padova, tra il 4 e il 6 ottobre 2004 come contributo al 17° centenario del martirio della Santa e come incontro dall’AISSCA (Associazione Italiana per lo Studio della Santità, dei Culti e dell’Agiografia). Il giorno 3 ottobre u.s., il volume è stato presentato nella sala San Luca dell’Abbazia che custodisce le spoglie e la memoria della Santa, in un incontro che ha visto un’ampia partecipazione di pubblico esterno, in aggiunta ai soci presenti. La presentazione, infatti, è stata inserita tra gli incontri periodici della Societas, che ha affiancato l’Abbazia e la Biblioteca di Santa Giustina nell’organizzazione di questo evento, caduto in una data prossima alla ricorrenza del martirio di santa Giustina (7 ottobre).
A parlare dell’opera, edita con la curatela di Andrea Tilatti e Francesco G.B. Trolese (già animatori scientifici del convegno), è stata invitata Emanuela Prinzivalli, docente di Storia del Cristianesimo e delle Chiese presso l’Università di Roma-La Sapienza, e studiosa ben nota che si è dedicata prevalentemente alla storia del cristianesimo antico, all’esegesi patristica e all’agiografia antica e medioevale. Introdotta da una breve presentazione del prof. Antonio Rigon, la relatrice ha condotto un’affascinante, fine e ricca esposizione, condensando nella sua relazione lo spirito che unisce i diversi contributi raccolti nel volume e li mette in relazione con Giustina. Essi infatti, apparentemente distanti dalla Giustina padovana, indagano le linee fondamentali della santità femminile dall’età tardo antica quando esso si manifesta nel martirio di sangue, fino al XII secolo attraverso le riscritture agiografiche, le fonti e la tradizione dei culti (vale a dire i contesti sociali, culturali e istituzionali nei quali si evolvono). Di Giustina non emergono particolari novità biografiche se si escludono l’introduzione al volume scritta da Tilatti, la presentazione del dossier agiografico bollandiano relativo alla santa compiuta da Robert Godding e un raffinato contributo di Anna Vildera, nato dopo il convegno, che studia e pubblica l’ufficio liturgico della santa nella tradizione codicologica e musicale padovana. Tuttavia, come afferma André Vauchez nelle sue conclusioni, la complessa e ricca messe di studi – dovuti, oltre agli autori già citati, anche a Sofia Boesch Gajano, Alba Maria Orselli, Giuseppe Cuscito, Paolo Chiesa, Luigi Canetti, Cristina La Rocca, Francesco Scorza Barcellona, Vincenza Milazzo, Stefano Magnani e Enrico Morini – sulla santità femminile, sulle sante martiri sue omologhe nell’orizzonte adriatico e specificamente aquileiese (Tecla, Eufemia, Felicita, Anastasia, Perpetua, Agnese, ma anche le sante in Sicilia e nell’Africa cristiana), sul contesto delle ultime persecuzioni ai primi del IV secolo fino alle testimonianze di sante in panni maschili dell’Oriente cristiano, riverberano molti aspetti della collocazione storica di Giustina e del suo culto. Quest’ultimo si lega strettamente alla città e alle figure santoriali padovane di Prosdocimo, Daniele, Luca evangelista e Mattia apostolo, fino alla ridefinizione di un quartetto patronale nel quale Padova inserisce un esponente della nuova santità ‘moderna’ del XIII secolo, il frate minore Antonio. Ma la memoria e il culto di Giustina restano vivi in Padova e sono importanti anche per Venezia: Memor ero tui Iustina virgo, scrive Venezia nel 1572 sulla moneta coniata per commemorare la vittoria di Lepanto ottenuta proprio il 7 ottobre ed attribuita all’intercessione di Giustina, prima che la nuova festa della Madonna del Rosario affievolisse questo ricordo.
Il convegno del 2004, il volume contenente gli atti e la sua presentazione pubblica dimostrano la persistenza della memoria e del culto di santa Giustina e il costante interesse degli storici per queste preziose testimonianze.
Alla fine, dopo le domande e le precisazioni, la comunità monastica ha offerto gentilmente un rinfresco vespertino, anche per festeggiare l’inizio della memoria liturgica di san Francesco, patrono dell’abate don Francesco Trolese.
Padova, 31 ottobre 2009
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
L’incontro si è aperto con lo scambio di notizie bibliografiche finalizzato anche all’aggiornamento della bibliografia della “Rivista di storia della Chiesa in Italia” alla quale si dedicano molti soci. Ogni notizia che riguardi la storia della Chiesa in ambito Veneto e fino all’Istria e Dalmazia è infatti di grande utilità per la completezza delle schede.
Di seguito il presidente D. Gallo ha dato la parola al dott. Pierluigi Giovannucci, già noto alla Societas per aver offerto in altre occasioni il risultato dei suoi studi (in particolare Il processo di canonizzazione del card. Gregorio Barbarigo, edito nel 2001). L’argomento proposto parte dalla sua recente pubblicazione: Canonizzazioni e infallibilità pontificia in età moderna (Brescia, Morcelliana, 2008). La particolare problematica e la densità del volume hanno però indirizzato la relazione verso lo sviluppo e l’approfondimento della prima sezione dell’opera dedicata alla canonizzazione in età moderna.
La prima parte ha avuto il carattere di una messa a punto sullo stato degli studi relativi al rapporto tra santità e nuovi approcci storiografici nell’ultimo trentennio con particolare riguardo agli aspetti bibliografici e metodologici, anche nell’intento di chiarire i motivi della scelta di un argomento di studio così speciale. La ricca bibliografia, sviluppata soprattutto dagli anni ‘80, lasciava scoperte le lacune nelle ricerche relative alla storia della santità cattolica in età moderna. Mancava inoltre un approfondimento storico-concettuale del fenomeno delle canonizzazioni cattoliche nell’ambito dell’istituzione ecclesiastica.
Esaurita la necessaria ed approfondita premessa, la relazione si è rivolta al significato dell’istituto della canonizzazione basato, a partire dal XVII secolo, sulla certificazione della “virtù in grado eroico”, cioè straordinaria e incontrovertibile, così come definita dai Decreta di Urbano VIII.
Secondo una procedura giuridica di estrema sottigliezza, che trova il suo massimo ed insuperato esponente nel cardinale Prospero Lambertini, poi Benedetto XIV, con il suo celeberrimo trattato De canonizatione sanctorum, a differenza delle precedenti canonizzazioni per fama, questo modello di selezione rispondeva all’esigenza di controllo degli esempi eccellenti di devozione da proporre ai fedeli. In questo meccanismo decisionale complesso e rigidamente strutturato si inserisce l’autorità pontificia che, dichiarata infallibile, esercita un’influenza esclusiva e determinante nelle cause di canonizzazione. È questo lo snodo che unisce i due argomenti apparentemente estranei: l’ufficializzazione della santità nella cultura religiosa cattolica tra XVI e XVIII secolo passa attraverso il riconoscimento della infallibilità papale. La periodizzazione storica dell’indagine spazia però oltre i secoli citati; in avanti fino ai recenti esempi delle politiche di canonizzazione dei pontefici contemporanei e, a ritroso, nell’età tardo antica, rianalizzando il concetto della santità fondata sul martirio.
Domande e considerazioni dei presenti (Calapaj, Frison, Nardello, Gallo) hanno condotto alla replica conclusiva del relatore.
Padova, 27 novembre 2009
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
La lezione è stata introdotta dalla professoressa Liliana Ferrari, dell’Università di Trieste, che ha voluto offrire uno sguardo sintetico sull’area friulano-giuliana dall’età moderna a quella contemporanea come esempio significativo di territorio di “confine” che non è mai stato linea di demarcazione netta, ma che si è via via modificato nei secoli.
La socia Flavia Militello, anticipando alcune linee della sua tesi di dottorato in via di completamento, ha svolto una densa ed articolata relazione su: La stampa cattolica italiana a cavallo tra Friuli italiano ed austriaco. Dalla fine del potere temporale al suffragio universale maschile. Il periodo considerato, che è quello tra la ‘questione romana’ e il primo anteguerra (dal 1870 fino al 1913 circa) ha preso in esame tre diverse realtà cittadine e diocesane due delle quali inserite dal punto di vista istituzionale nell’Impero d’Austria-Ungaria.
A Gorizia e Trieste, come a Udine, le società cattoliche divennero centri propulsivi di un progetto che ebbe nella stampa cattolica un elemento fondamentale. Essa aveva il compito di mobilitare clero e fedeli, ma soprattutto quello di formare un’opinione pubblica cattolica capace di confrontarsi con quella liberale prima e coi socialisti più tardi, rendendo politicamente attivi i cattolici, non solo nelle amministrazioni locali, ma anche mediante l’elezione di rappresentanti nel Parlamento (in Austria non vigeva infatti il non expedit, così determinante nella storia del movimento cattolico in Italia).
La relatrice ha tracciato con fine sensibilità storica, inserendole nel quadro delle complesse trasformazioni sociali e politiche delle due diverse aree, le vicende di fogli cattolici locali.
“Il Cittadino Italiano” (1878-1900) fu attivo a Udine, mentre a Gorizia nel 1871 nacque “Il Goriziano“, presto trasformatosi in “Eco del Litorale” che, con alterne vicende, visse fino al 1918. Ben diversa fu la situazione a Trieste, terza città dell’Imperio, dominata da una cultura laica, borghese e liberale (spesso anticlericale) che rese difficile la vita di fogli come “L’Áncora” e successivamente “La Vigilanza”. L’influsso della questione sociale e quella nazionale che esplose a metà degli anni ‘80 tra gli sloveni cattolici e tra i croati e l’irredentismo italiano (che si contrappose agli sloveni e al suo clero), furono elementi di trasformazione rispetto alla “critica agli errori della modernità” ereditata dalla polemica dei tempi di Pio IX. Ad Udine “Il Cittadino italiano” si collegava alle sezioni dell’Opera dei congressi, così che la risposta cattolica alla questione sociale, la cosiddetta “terza via” della Rerum novarum, prese corpo in pochi anni con una rete di iniziative sociali (credito, cooperative, assicurazioni). Questo accadde anche se nel Friuli italiano vi fu la forte ripercussione delle leggi del 1898 che limitavano il diritto di associazione e la libertà di stampa. Con l’allargamento del suffragio, nel 1907 i cattolici goriziani riuscirono a mandare a Vienna ben 2 rappresentanti, mentre nel Friuli italiano le elezioni del 1913 non cambiarono il volto della classe dirigente. A Trieste, per iniziativa di un gruppo di giovani sacerdoti italiani particolarmente sensibili alle tematiche cristiano-sociali anche per contrapporsi alla crescita consistente del socialismo, la stampa cattolica riprese vigore con “La Ricreazione” e, soprattutto, con “L’Avvenire”. Quest’ultimo, organo della Lega Cristiano Sociale, il cui pubblico si radicava nella piccola borghesia degli uffici e del commercio e tra gli artigiani rivolgendo grande attenzione all’Istria costiera, riecheggiava le tematiche del gruppo viennese di Lueger anche nella polemica antisemita ed antisocialista.
Sempre a Trieste nacque infine un settimanale politico: “L’Amico”. Con le sue 10 mila copie diffuse soprattutto in Istria, si qualificò per il suo “patriottismo” italiano, esercitando una concorrenza ai liberal-nazionali ed attaccò il nazionalismo slavo, anche cattolico. L’insuccesso nelle elezioni del 1907 tolse però a Trieste il ruolo di centro del movimento cattolico diocesano che passò all’Istria e solo i mutamenti seguiti alla Grande Guerra portarono al radicamento del cattolicesimo politico nel tessuto urbano.
Padova, 14 gennaio 2010
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
La Societas Veneta per la storia religiosa si propone di diffondere passione e interesse per gli studi inerenti la storia ecclesiastica, alla quale si richiamava la denominazione iniziale dell’Associazione. Inoltre vuole sensibilizzare ad uno studio della storia intesa come rigore critico, ricerca delle fonti e dei documenti, scrupolo interpretativo fondato su un corretto metodo filologico e non sul dilettantismo.
Associazione che si interessa di storia religiosa e che vuole sensibilizzare ad uno studio della storia più in generale da approcciare con rigore critico basato sulla ricerca delle fonti e dei documenti.
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