Paolo Sambin, deceduto a Padova l’8 agosto (i funerali si svolgono oggi), è stato uno dei protagonisti della storiografia italiana della seconda metà del secolo appena concluso. Ordinario di Paleografia e Diplomatica, docente di Storia Medievale, di Biblioteconomia e Bibliografia nelle Facoltà di Lettere e Magistero dell’ateneo patavino, rimase sempre fedele ad una tradizione, propria dell’Università nella quale ha insegnato, che negli studi storici privilegiava la ricerca d’archivio, l’indagine filologica, lo studio faticoso e difficile delle fonti. Nonostante avesse già compiuto i 90 anni, era ancora in piena attività, grazie ad una freschezza di mente e di memoria che stupivano la schiera di amici e discepoli abituati a frequentare il suo studio, perennemente ingombro di libri, di carte, di manoscritti.
Sambin è stato infatti un maestro nel senso alto della parola, e non solo negli anni del suo insegnamento universitario, quando formò almeno due generazioni di studiosi e di bibliotecari, ma soprattutto dopo il suo collocamento a riposo. Fuori dai problemi di ogni giorno della vita accademica, egli poté finalmente dispiegare, senza più vincoli formali, una vocazione all’insegnamento che nel rapporto diretto – per chiunque lo avvicinasse era d’obbligo il “tu” – trovava la sua migliore espressione. Aveva fondato la “Societas veneta per gli studi religiosi”, tutt’ora attiva e feconda presso l’abbazia patavina di Santa Giustina, era animatore di liberi corsi di paleografia, che in una ventina d’anni hanno avviato alla ricerca archivistica più di duemila studiosi, giovani e meno giovani. Nel Veneto è stato insomma un punto di riferimento obbligato per chiunque, ricercatore di professione o semplice appassionato.
La sua bibliografia è ricca di contributi su Padova e il Veneto medievali, ma soprattutto merita di essere ricordato l’apporto fondamentale che diede a grandi iniziative storiografiche: la rivista annuale “Italia medievale e umanistica”, di cui fu condirettore dalla sua nascita, nel 1958; la collana “Italia sacra”, edita dalla Herder, ricca di una settantina di titoli che sono un riferimento d’obbligo per gli studiosi; la “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, della quale è stato a lungo condirettore e responsabile della sezione bibliografica. Nemico del dilettantismo e delle facili generalizzazioni, attento fino allo scrupolo alla precisione filologica, infaticabile esploratore di archivi, cattolico senza integralismi, Sambin lascia alla storiografia italiana un’esemplare lezione di rigore e serietà.
Gianpaolo Romanato
Da “Avvenire”, 12 agosto 2003, p. 24
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