Il 26 gennaio scorso si è tenuta l’annuale assemblea ordinaria della Societas secondo l’o.d.g. preannunciato:
resoconto dell’anno sociale 2006-2007 e linee programmatiche per il 2008
bilancio consuntivo
ammissione di nuovi soci e nomina di nuovi soci onorari
rassegna bibliografica
Il presidente D. Gallo ha svolto una breve relazione morale illustrando l’attività svolta nella prima parte dell’anno sociale, quella già in programma (oltre al corso annuale, l’Autunno paleografico, che ha avuto un rinnovato successo per numero di iscritti) e i progetti, ancora non interamente definiti, per gli incontri del nuovo anno sociale sino alla pausa estiva.
Il tesoriere G. Carraro ha presentato e spiegato analiticamente il conto economico del 2007, sottolineando l’andamento positivo, frutto di un attento controllo delle spese e di alcune offerte liberali, che hanno consentito una chiusura con un modesto, ma confortante, attivo.
Si è passati poi alla nomina dei soci. Sono stati anzitutto proposti per il ruolo di Socio Onorario, come segno di riconoscimento e ringraziamento della lunga, attiva e preziosa presenza nella vita dell’associazione: Franco Dal Pino, Giuseppina De Sandre Gasparini, Leonisio Doglioni.
Sono stati inoltre proposti come onorari, sia per la loro fisionomia di studiosi, sia come riconoscimento della simpatia con cui seguono la vita della nostra Associazione, sia per aver contribuito in vario modo alle nostre attività, il prof. mons. Giulio Cattin (Vicenza) e il prof. Gian Maria Vian (neodirettore dell’Osservatore Romano).
Sono stati accolte ufficialmente, con vivissima soddisfazione, le richieste di adesione dei nuovi soci: Giuseppe Trebbi, Adriano Drigo e Lorenzo Carlesso.
Le votazioni per l’approvazione del bilancio e per l’elezione dei nuovi soci, ordinari e onorari, sono avvenute all’unanimità.
La seconda parte dell’incontro, come ormai consuetudine, è stata riservata alla presentazione, più distesa ed approfondita, delle novità bibliografiche che sono state citate e illustrate da P. Barbierato, D. Gallo, V. Masutti, A. Scottà, G. Trebbi, F. Trolese.
Successivamente all’incontro di gennaio si è svolto il XXIV Corso annuale pubblico, sul tema: Liturgia e musica in area veneto-aquileiese nel medioevo, conclusosi lo scorso sabato 8 marzo con la lezione del prof. Antonio Lovato. La frequenza, quantunque inferiore a quella degli anni scorsi, è stata assai soddisfacente, arrivando ad oltre un’ottantina di persone. La sede del corso, cioè l’Aula magna dell’Istituto di liturgia pastorale ha offerto inoltre uno spazio assai idoneo per le lezioni multimediali (proiezione, ascolto). Il nostro ringraziamento più vivo va al prof. A. Lovato, che è stato il coordinatore del corso e ai docenti dott. D. Toigo, dott.ssa A. Vildera e dott.ssa L. Boscolo, per la loro capacità di averci fatto entrare con competenza in un campo così difficile.
Padova, 4 aprile 2008
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
L’incontro ha avuto inizio con un’ampia presentazione delle ultime novità bibliografiche e l’indicazione dei prossimi appuntamenti di rilievo (Gallo, Dal Pino, Rossi, Trolese e Trebbi).
Il presidente D. Gallo ha quindi introdotto il dott. Ettore Napione, storico dell’arte medievale e specialista di scultura medievale, attualmente attivo nel Museo Civico di Castelvecchio a Verona che è stato tra i curatori della mostra su Cangrande della Scala (2004) e che ora sta per mandare alle stampe una importante ricerca sulle Arche Scaligere di Verona.
L’argomento della conversazione: Benedetto XI: l’immagine di un papa da inventare, si è prestato perfettamente all’approfondimento del contesto storico di alcune opere d’arte figurativa: un caso di studio per molti versi esemplare. L’importante monumento funebre di Benedetto XI nella chiesa di San Domenico a Perugia, sul cui autore gli studiosi non sono concordi, ha condotto il relatore ad indagare la figura di fra’ Nicolò (figlio di Boccassio piuttosto che Boccasini), teologo, maestro generale dell’Ordine Domenicano, cardinale vescovo di Ostia, infine papa, beatificato nel 1736. Egli nacque in area trevigiana (la tradizione vuole si tratti di Valdobbiadene, diocesi di Padova) verso il 1240 e, secondo una recente proposta, piuttosto discutibile e comunque di impossibile dimostrazione, sarebbe stato figlio naturale del veneziano Bartolomeo Querini. Fra’ Nicolò entrò nel 1257 tra i frati Predicatori insediati a San Nicolò di Treviso, studiò ed insegnò poi a Padova e a Parigi percorrendo nell’ordine una luminosa carriera di dotto e di vigile uomo di governo (priore provinciale e maestro generale) sino alla sua nomina a cardinale nel 1298. Il suo brevissimo pontificato che durò poco più di otto mesi (dalla elezione il 22 ottobre 1303 alla morte il 7 luglio 1304, con residenza a Perugia) ha ricevuto sino a pochi anni fa una scarsa attenzione da parte degli studiosi, soprattutto perché schiacciato tra la straripante personalità di Bonifacio VIII (al quale fu comunque legato) e la crisi che aprì il periodo avignonese del papato. Per di più, egli fu anche confuso più volte con altri pontefici (a cominciare dal Vasari) proprio in relazione alle importanti committenze artistiche che seppe organizzare nel breve tempo che gli fu concesso. A Benedetto XI si lega l’episodio leggendario della “O” inviatagli da Giotto, ma anche la lettera papale di indulgenza concessa a chi visitasse la chiesa della Beata Maria Vergine della Carità dell’Arena di Padova fatta costruire da Enrico Scrovegni il quale – non a caso secondo la convincente proposta di Napione – volle attivo nella sua cappella privata quello che allora era senz’altro “il pittore del papa”. Tramandata da una scarsa e contaddittoria iconografia, l’immagine figurativa di questo pontefice risulta di difficile definizione, non tanto nell’identificazione della persona in senso realistico quanto nella formazione di una rappresentazione netta di riferimento. Benedetto XI, trovandosi tra la monopolizzante figura del predecessore e l’avvio della cosiddetta cattività avignonese, non ha saputo, o forse voluto, costruire su di sé una rappresentazione univoca, creando così i presupposti per i successivi fraintendimenti storiografici.
Hanno fatto seguito alcune domande da parte dei soci presenti.
Padova, 5 maggio 2008
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
L’incontro ha avuto inizio con la presentazione di interessanti novità bibliografiche di area vicentina a cura di M. Nardello.
Il presidente D. Gallo ha quindi dato la parola a G. Romanato – al quale va un ringraziamento particolare da parte del direttivo e di tutti i soci per aver proposto il nome della relatrice e per averla invitata – che ha tracciato una breve presentazione di Maria Bocci.
La studiosa, docente ordinario di Storia contemporanea all’università Cattolica, Facoltà di Scienze della Formazione, è autrice, tra l’altro, del solido ed impegnativo volume Agostino Gemelli Rettore e francescano. Chiesa, regime, democrazia, edito nel 2003 (Brescia, Morcelliana, nella collana “Biblioteca di storia contemporanea” diretta da Gabriele De Rosa). Dei risultati della sua importante ricerca ci ha parlato con generosità e passione, delineando un ampio affresco della storia d’Italia del secolo scorso che, dagli anni ‘20, ha avuto riflessi evidenti sull’impresa di padre Gemelli: la costituzione di una università Cattolica, come già era stato fatto fuori d’Italia, in antagonismo con le università di Stato, non per puri motivi confessionali, quanto piuttosto come ambiente per un progetto culturale mirante alla formazione di una élite di professionisti e intellettuali ad alto livello e con standard internazionali, capaci di inserirsi nelle istituzioni pubbliche e statali e di collaborare alla vita sociale e politica.
Nel paziente lavoro di ricostruzione storica, attraverso i copiosissimi documenti e la corrispondenza conservati nei fondi archivistici dell’università Cattolica, negli archivi di Stato (quello Centrale dello Stato a Roma e quello di Milano) e in alcuni archivi privati, Maria Bocci ha dovuto affrontare innanzi tutto la poliedrica personalità di Agostino Gemelli (Milano 1878 – Milano 1959), al secolo Edoardo, che è stata sinora oggetto di interpretazioni controverse da parte di una storiografia per lo più ideologicamente preconcetta che ancora risente di una quantità di luoghi comuni difficilmente contrastabili. Un esempio per tutti: la diffusa convinzione che padre Gemelli sia stato tra i firmatari del famigerato “Manifesto per la razza” del 1938, mentre invece la sua firma non compare nel documento. Gli atteggiamenti intransigenti e le apparenti connivenze del Gemelli con il regime fascista, ma anche i suoi complessi rapporti con Giovanni Gentile, facevano parte di una personalissima strategia per la realizzazione dei suoi obiettivi: la creazione dell’università Cattolica di Milano di cui il Gemelli fu Rettore fino alla morte. La realizzazione e lo sviluppo di questo progetto nel periodo fascista assunse una valenza politica e culturale che andò ben oltre la mera creazione dell’Ateneo, coinvolgendo il Vaticano e i papi che lo sostennero. Inaugurata nel 1921 e riconosciuta dallo Stato nel 1924; nel 1958 l’università Cattolica fu completata con l’istituzione della facoltà di Medicina di Roma collegata al Policlinico che giustamente venne a lui intitolato.
In ogni caso, la biografia di Padre Gemelli contiene ancora molti aspetti da studiare: dalla conversione repentina alla scelta di entrare nell’ordine dei Frati Minori, così vicino a quella forma di socialismo umanitario da lui praticato in gioventù e però privo della connotazione marxista. Nella ricerca della Bocci, nonostante l’attenuarsi delle ombre interpretative, la figura del Rettore resta di difficile decifrazione e i testimoni, letti o interpellati, si dividono tra estimatori entusiasti e critici impietosi.
La relatrice ha anche sottolineato gli stretti rapporti di Gemelli con Padova (fra cui quelli con Cesare Musatti e la nascente disciplina della Psicologia) e con alcuni padovani, tra i quali Paolo Toffanin, Giuseppe Dalla Torre e quell’Arrigo Pozzi, figura piuttosto ambigua, che del Gemelli fu il solerte controllore per conto della polizia del regime.
Il vivissimo interesse ed apprezzamento suscitati negli ascoltatori hanno fatto sorgere parecchie domande che si sono concentrate soprattutto sui legami padovani del Gemelli.
Padova, 24 maggio 2008
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
L’incontro di giugno, come ormai consuetudine, è stato dedicato alla visita di un luogo di interesse storico. Quest’anno la scelta è caduta su Chioggia, nella convinzione che, pure così nota, questa città sia visitata solo raramente per i suoi monumenti che, a buon diritto, appartengono alla storia religiosa veneta. Oltre a ben 23 soci hanno partecipato numerosi amici e simpatizzanti.
La prima tappa è stata dedicata alla Cattedrale. Ci ha fatto da guida – e generoso ospite – il parroco mons. Vincenzo Tosello. Progettata da Baldassare Longhena, dopo l’incendio che nel 1623 distrusse l’edificio precedente sorto dopo il passaggio della sede episcopale da Malamocco a Clodia (inizio sec. XII), ha facciata e proporzioni imponenti. L’interno, diviso in tre navate, contiene una serie di interessanti opere d’arte: il battistero marmoreo di Alvise Taiapietra (1700-1708), il pulpito ligneo di Bartolomeo Cavalieri (1677) e l’altar maggiore di Alessandro Tremignon. In una cappella laterale con alle pareti pregevoli tele (tra gli altri: Palma il Giovane, Piazzetta e Tiepolo), sono conservate in elaborato e monumentale reliquiario i resti dei Santi patroni Felice e Fortunato (i martiri aquileiesi che la città ricorda l’11 giugno con una solenne festa).
La tappa successiva ci ha condotti a San Domenico, costruita su una piccola isola oltre il canale omonimo. La chiesa, retta dai Domenicani fino alla soppresssione veneta del 1770, conserva, oltre a tele di Carpaccio (San Paolo), Tintoretto (Gesù Crocifisso sorretto da angeli appare a San Tommaso d’Aquino) e Damini (miracoli di San Domenico), il famoso Cristo ligneo le cui virtù taumaturgiche hanno sostenuto la devozione dei fedeli, in particolare dei pescatori, ispirandone le suggestive ‘tolete’ votive. Subito dopo, la visita alla torre trecentesca di Sant’Andrea, posta quasi al centro della struttura urbana della città. Ci ha accompagnato il maestro Aldo Bullo, uno degli artefici del recupero dell’antico meccanismo dell’orologio che si vorrebbe far risalire a Giovanni Dondi, i cui natali sono rivendicati da Chioggia (certamente luogo natale del padre Jacopo).
Ancora mons. Vincenzo Tosello si è prodigato per aprire e farci visitare la chiesa di San Francesco dentro le mura, detta popolarmente “Le Muneghette”, a breve distanza dal Duomo. Infine, dopo una gradevolissima parentesi musicale nella quale il maestro Carlo Oro ci ha fatto ascoltare il potente organo Callido-Malvestio-Zanin del Duomo, mons. Tosello ha organizzato per noi un fuori programma, assai apprezzato, con la visita al Museo Diocesano (di recentissima realizzazione e particolarmente interessante anche per gli spazi espositivi) che il direttore ed archivista mons. Giuliano Marangon ci ha illustrato con passione e raffinata competenza.
A conclusione della serata la cena ci ha dato modo di godere della reciproca compagnia.
Padova, 15 settembre 2008
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
La riunione, che ha avuto un confortante numero di presenze, ha portato tra noi il socio onorario Dieter Girgensohn, sempre fedele ai nostri appuntamenti quando questi cadono nei suoi soggiorni di lavoro a Venezia. Si è dedicato il tempo anzitutto alla segnalazione di novità librarie presentate da D. Gallo e F. Trolese e alle notizie sui prossimi eventi d’interesse, in particolare la giornata dell’8 novembre p.v. in cui, dalle ore 10.30 alle 12.30, presso la Sala San Luca dell’Abbazia di Santa Giustina, si terrà l’incontro di studio su: Fonti monastiche nel Veneto medievale (interventi previsti di G. Carraro, F. Cavazzana Romanelli, S. Bortolami, G. M. Varanini, M. Rossi) cui seguirà, alle ore 16.00, la presentazione al pubblico del volume: Il Catastico verde del monastero di Santa Giustina di Padova, a cura di Lorenzo Casazza, con saggi introduttivi di Lorenzo Casazza e Francesco Trolese, ultimo volume della collana Fonti per la storia della Terraferma Veneta, con interventi di S. Bortolami, L. Casazza, F. Trolese.
Si è poi fatta parola dell’“Autunno paleografico 2008-09” che riprenderà in novembre, come da avviso che i soci riceveranno contestualmente a questo resoconto.
Subito dopo il presidente D. Gallo ha introdotto il relatore, Mario Poppi che non ha bisogno di presentazioni essendo socio da molto tempo, assiduo e vivace frequentatore delle nostre attività. Studioso di storia locale e di etnografia, unisce alla serietà della ricerca d’archivio non comuni doti di scrittore e divulgatore. Con l’amabile generosità e passione che lo caratterizzano, il prof. Poppi ha distillato per i soci i risultati di alcuni suoi studi degli ultimi anni – concretizzatisi in tre recenti volumi – estrapolandone una riflessione su un argomento di storia dell’organizzazione ecclesiastica dato spesso per scontato e poco approfondito: il diritto di patronato. Il titolo, Tra patroni e patronati: alcuni casi esemplari nella storia della parrocchia nel Veneto dal medioevo al XX secolo, è solo indicativo della complessità e varietà dei casi proposti e della vastità delle indagini alle quali si ricollegano gli esempi presentati. Le vicende di tre parrocchie dell’entroterra veneziano, storicamente divise tra le diocesi di Padova, Treviso e di Castello-Venezia (Cazzago, Gambarare e San Bruson) sono esemplari delle diverse tipologie di giuspatronato. Il reclutamento del clero curato poteva essere, a seconda del soggetto che lo esercitava, di diritto monastico (esercitato da una comunità regolare, maschile o femminile), o nobiliare (detenuto da una famiglia nobile), oppure popolare-comunitativo (gestito dalla comunità dei fedeli: quest’ultima forma più raramente documentata ma piuttosto diffusa in passato). La cronaca, a tratti persino divertente, delle vicende giurisdizionali e umane che hanno accompagnato l’esercizio del potere di nomina degli ecclesiastici con cura d’anime nelle parrocchie citate, rimanda necessariamente al contesto più ampio, non solo dal punto di vista del quadro legislativo, ma anche sul piano dei rapporti sociali all’interno delle comunità locali, sia con i patroni (famiglie nobili o istituzioni monastiche) con il loro esercizio del potere, sia, più direttamente, con le istituzioni centrali (Stato e Chiesa).
Al relatore, consocio ed amico, va un vivissimo ringraziamento per l’occasione di approfondimento che ci ha offerto su un argomento impegnativo di difficile definizione e sintesi.
Padova, 16 ottobre 2008
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
Si è svolto l’8 novembre scorso l’incontro di studio su: Monasteri veneti nel medioevo. Fonti documentarie e ricerca storica, organizzato dal Comitato per le pubblicazioni delle fonti relative alla terraferma veneta e dall’Abbazia di Santa Giustina in collaborazione con la Societas veneta per la storia religiosa. L’apporto della nostra associazione è stato ampiamente apprezzato anche in termini di presenze nel pubblico.
Nella mattinata i relatori che si sono succeduti hanno approfondito i temi della documentazione prodotta dagli enti monastici oggetto di importanti studi e fonte privilegiata di notizie sulla loro evoluzione.
Francesca Cavazzana Romanelli ha esaminato il genere documentario dei ‘catastici’ come strumento indispensabile alla vita delle istituzioni, tanto da diventare nel ‘700 ‘macchine complesse’, compilate da specialisti secondo regole precise, con finalità pratiche di conferma giuridica dei diritti reali. Giannino Carraro ha invece reso conto delle dimensioni numeriche e quantitative del fenomeno monastico, in particolare a Padova tra il VII e il XV secolo, fornendo inoltre l’analisi delle fonti edite e della bibliografia prodotta. Sante Bortolami ha presentato un monastero ‘evanescente’: quello polesano di San Pietro in Maone, in territorio veneto e diocesi di Adria, le cui tracce documentarie appaiono in pochi documenti di altre istituzioni che ne delineano appena l’esistenza. Gian Maria Varanini e Mariaclara Rossi hanno tratto dagli archivi di alcuni monasteri veronesi rispettivamente le evidenze dei rapporti con le signorie contermini il primo, e la speciale differenza del monachesimo femminile che manca ancora di un studio d’insieme per il basso medioevo, la seconda.
Dopo la pausa per il pranzo, gentilmente offerto dall’Abbazia, il pomeriggio è stato riservato alla presentazione della recentissima edizione del Catastico verde del monastero di Santa Giustina di Padova, a cura di Lorenzo Casazza, con saggi introduttivi di Lorenzo Casazza e Francesco G.B. Trolese (Fonti per la storia della Terraferma veneta, 24), 2008.
Il manoscritto, fortunosamente salvato dalla dissoluzione dei patrimoni monastici dell’età napoleonica e conservato per quasi due secoli nell’archivio privato della famiglia Papafava dei Carraresi, fu acquistato una ventina d’anni fa, con vari altri materiali, dalla Regione del Veneto e concesso in comodato al Comune di Padova. Attualmente è conservato presso l’Accademia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti che ha sede nell’antica loggia dei da Carrara.
L’opera è una raccolta di documenti trascritti tra il XIII e il XVI secolo.È formata da una prima parte trascritta nel 1274 e da altre sezioni aggiunte posteriormente che raccolgono fonti di grande valore non solo per la storia dell’abbazia di Santa Giustina ma anche per lo studio della città e delle campagne padovane nel medioevo. La relazione pomeridiana del prof. Sante Bortolami ha indagato con acute osservazioni i riflessi della società padovana del XII e XIII secolo che affiorano dai testi dei documenti in esso raccolti.
Padova, 29 novembre 2008
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
L’ultimo incontro del 2008 si è aperto con un rapido giro d’orizzonti sulle novità e sugli avvenimenti in programma per lasciare il maggior spazio possibile alla relazione e al dibattito.
Il presidente D. Gallo ha quindi introdotto il relatore Carlo Fantappié, ordinario di diritto canonico all’università di Urbino, presentandone la ricca produzione bibliografica dedicata non solo al diritto canonico, ma anche ad importanti tematiche di storia ecclesiastica. Il consocio prof. G. Romanato, al quale va il nostro ringraziamento sincero per aver proposto e realizzato un incontro di così alto livello, ha presentato poi il contenuto e l’importanza del recente lavoro del prof. Fantappié, tema della odierna relazione.
Chiesa Romana e modernità giuridica. Il Codex iuris canonici (1917), edito da Giuffrè nel 2008, è un’opera imponente: due volumi di quasi milletrecento pagine complessive, dedicata alla codificazione del diritto canonico voluta e iniziata da Pio X (1903) e promulgata da Benedetto XV (1917). La scelta di procedere ad una codificazione delle norme giuridiche, seguendo la forma che si era imposta nelle legislazioni degli Stati dalla fine dell’Antico Regime e, successivamente, nel secolo XIX, ha segnato un forte spartiacque rispetto alla situazione precedente, costituita da una plurisecolare stratificazione normativa priva di un forte impianto complessivo ed organico (anche nella tradizione della decretalistica). La realizzazione del Codex pio-benedettino ha impresso un cambiamento profondo alla Chiesa Romana come istituzione, costituendo uno dei fattori fondanti per capire i suoi sviluppi del ventesimo secolo, nel momento in cui era finita la sovranità temporale del papato. L’opera di Fantappié evidenzia la realizzazione corale del testo legislativo che, in genere, viene associato al solo nome del card. Gasparri, presentando analiticamente le numerose figure di collaboratori interni ed esterni alla Curia romana che dettero compimento al codice. La pubblicazione oggetto della relazione è stata oggetto di una approfondita recensione del prof. Romanato apparsa ne “L’Osservatore Romano” del 4 maggio 2008, disponibile qui.
Dopo l’ampia esposizione, ricchissima di spunti di riflessione sia nella dimensione storica sia sul presente, si è aperto un vivace dibattito sollecitato dal relatore, che ha risposto dettagliatamente alle domande e considerazioni di Gallo, Romanato, Trebbi, L. Billanovich, Giovannucci.
Padova, 14 gennaio 2009
Cristina Marcon – Segretaria
Donato Gallo – Presidente
La Societas Veneta per la storia religiosa si propone di diffondere passione e interesse per gli studi inerenti la storia ecclesiastica, alla quale si richiamava la denominazione iniziale dell’Associazione. Inoltre vuole sensibilizzare ad uno studio della storia intesa come rigore critico, ricerca delle fonti e dei documenti, scrupolo interpretativo fondato su un corretto metodo filologico e non sul dilettantismo.
Associazione che si interessa di storia religiosa e che vuole sensibilizzare ad uno studio della storia più in generale da approcciare con rigore critico basato sulla ricerca delle fonti e dei documenti.
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